Erano
finiti così in in mondo di roulotte e strade sterrate, un mondo marginale dove
il loro tetto era stato il cielo stellato, filtrato da quella patina di polvere
sporca che si accumulava incessante sul parabrezza dall'auto.
Avevano
vissuto in movimento, rimanendo solo per periodi limitati nei luoghi più oscuri
ed esotici della regione. Paesini dimenticati da Dio, depressioni nella terra
popolate da poche decine di anime che sembravano spettri, o ricordi di un tempo passato.
A Teresio era rimasto impresso
il giallo. La Toscana non è verde, è gialla, è il giallo ardente dei campi di
grano dove il sole sembra vomitare una luce accecante e cupa che poi tende a
tonalità più scure. Colori per cui non sono ancora nati occhi adatti a vederli,
desolazioni che si possono percepire solo con il cuore o con lo stomaco, con sensi nuovi
e abissali che si annidano nelle profondità della carne. Poi avevano visto le
ville, le società che ammiccavano a rituali antichi o scimmiottavano antichi
misteri, avevano visto i colletti degradarsi, riempirsi di vermi, un senso di
sporco nascosto da una lucentezza apparente. I corpi degli omicidi rituali dei
mostri, ancora lì, carie, fantasmi, spiriti inquieti che vagavano per i boschi,
l'inferno accecante di Fiesole, l'esoterismo storpio di certe aree suburbane o
profondamente urbane fatte di arcate e forme, e architetture ecclesiastiche che
parevano ambire a qualcosa d'altro, come se guardando un rosone il rosone
potesse cominciare a girare e con
lui a girare anche lo spirito, come quei mostri messi fuori dalle chiese, a
spaventare, a dissuadere, non entrate oppure entrate, guardate l'orrore negli
occhi, scopritene la polpa più morbida, la nudità segreta.